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Approfondimenti

Prima laurea a 97 anni in Storia e Filosofia e la seconda in Scienze Filosofiche a 99, entrambe con 110 e lode.

Qui subentra il problema, perché la maggior parte delle persone avrà formulato come primi pensieri, “ma così tardi?”, “cos’ha fatto prima per laurearsi anziano?”, “non poteva ricordarsi prima?”.

Nel 2022 è morto Giuseppe Paternò, il laureato più anziano d’Italia e questa notizia che per curiosità sono andato a spulciarmi, ha stimolato in me una riflessione che purtroppo non si annida solo nel tema dei libri, della cultura, ma contagia ormai ogni aspetto della realtà che viviamo, il pregiudizio.

Dal latino praeiudicium "sentenza anticipata" o se vi piace di più "prima del giudizio", questo è uno dei pochi termini che mi provoca molto fastidio perché quello che viene detto prima, generalmente, porta ad esprimere pensieri senza conoscere a pieno i fattori che portano a un determinato risultato.

Ma perché dico ciò? Il fatto è che in queste poche righe in cui spiegherò una parte della vita di “nonno Pino” (com’è stato simpaticamente nominato durante la sua carriera universitaria), si capirà come il giudicare prima, forse, non è il miglior modo per conoscere l’essenza di una persona.

Classe 1923, Giuseppe Paternò cresce in una famiglia numerosa e nonostante avesse la passione per lo studio e la cultura, già da ragazzino iniziò a lavorare per aiutare economicamente i suoi cari. Dapprima fattorino e poi come impiegato delle Ferrovie, riesce ad aiutare i suoi genitori al sostentamento del focolaio domestico.

Dopo tanti sacrifici, a 30 anni diventa geometra, diplomandosi da esterno in un istituto tecnico palermitano. Nella sua Palermo continua a lavorare fino al 1984, anno non solo della sua pensione ma data che ha rispolverato lentamente il suo amore per lo studio fino a coronarlo d’alloro per ben due volte.

La natura lo ha portato via mentre sognava già il suo prossimo passo, un romanzo dal titolo "Storia dei ragazzi di via Papireto, viaggio di cento anni a Palermo", opera che avrebbe raccolto le sue due tesi mentre raccontava della sua terra natìa.

Vedete, se nonno Pino si fosse fermato a quello che la maggior parte delle gente pensava dentro e fuori l’università, quasi sicuramente non avrebbe vissuto una vita piena, soddisfacente, felice.

Il pregiudizio, questa parola che mi è terribilmente irritante, frena giornalmente i sogni delle persone perché noi tutti, nessuno escluso, riusciamo quasi sempre a vedere le qualità che hanno le altre persone ma mai a credere pienamente in noi stessi e basta una “sentenza anticipata” per far crollare una casa che, molto spesso, ha delle fondamenta non proprio solide.

Dedico la storia di nonno Pino soprattutto ai giovani, perché Giuseppe ha tramandato un grande insegnamento ai suoi nipotini del mondo ossia il non smettere mai di credere ai propri obiettivi nonostante la gente “parli prima”.

Daniele Piersanti