Il 3 novembre 1957 la missione spaziale con la navicella “Sputnik 2” doveva avere l’obiettivo di verificare se un essere vivente potesse sopravvivere al lancio e alle condizioni dello spazio dato che all’epoca esperimenti simili non erano ancora stati testati.
Sì, ma chi sacrificare? Perché di questo si parlava dal momento che la spedizione aveva una data certa di partenza ma non prevedeva il ritorno sicuro.
Fu scelta Laika, una cagnolina di circa 3 anni metà Husky metà Terrier, catturata per strada a Mosca, in Russia.
Calma e non aggressiva, era perfettamente compatibile per non creare problemi durante l’inserimento nello Sputnik 2.
La capsula non era molto grande ma aveva il giusto spazio per poter almeno far stare sulle zampe o sdraiato l’esemplare. Era provvista di cibo e acqua perché la spedizione, essendo una prova, aveva più probabilità di fallire che di riuscire ma si confidava nel nutrire la cucciola sperando nel miracolo…
Evento che però non si verificò.
Laika fu lanciata nello spazio dove resistette, da una stima fatta, all’incirca 7 ore prima di morire, anche se il satellite, ritornato nell’atmosfera il 14 aprile 1958, si sarebbe comunque disintegrato al rientro.
Quella di Laika, nome che significa “piccolo abbaiatore” anche se quello vero era “Kudrjavka”, fu quindi una vera e propria condanna a morte. Un “piccolo abbaiatore” che non capendo cosa gli stesse per accadere, non è riuscito ad emettere quel piccolo lamento di protesta e di rifiuto nel sacrificarsi, contenuto nella traduzione della sua identità.
Dopo la vicenda, Laika è diventata il simbolo del sacrifico, del coraggio, ma anche dell’innovazione e del progresso che pur di arrivare allo step successivo, sono in grado di decidere sulla vita o la morte degli esseri viventi.
Daniele Piersanti