Dagli anni 90 al 2023 in un attimo.
La Doll Therapy, infatti, fu ideata dalla psicoterapeuta svedese Britt Marie Egedius Jakobsson la quale, prima degli albori del XXI secolo, realizzò la prima bambola "particolare" per il figlio autistico così da provare, perlomeno, ad assottigliare quel distacco tra il mondo interno del suo figliolo e il contatto che si può instaurare con il mondo esterno ma che, come sappiamo, è di notevole difficoltà quando si tocca il mondo dell’autismo.
La Jakobsson, grazie all’amore verso la sua creatura e al desiderio di migliorarne la quotidianità, non fece altro che confermare gli studi dello psicologo e psicoanalista britannico John Bowlby che a partire dal 1960 iniziò gli studi proprio su questo tipo di “terapia non farmacologica” per avvalorare la sua “teoria dell’attaccamento”.
Dopo questo preambolo che spero sia interessato a qualcuno, arriviamo alla domanda che forse vi siete posti iniziando a leggere: “E quindi?”.
Vi rispondo accennandovi la notizia che volevo portarvi oggi, non “raccontandovi” perché suona troppo pesante.
Bene, proprio oggi, nella residenza per anziani “San Raffaele di Campi Salentina”, in territorio leccese, durante i laboratori di Doll Therapy che si svolgono nella struttura, le educatrici hanno lasciato interagire i residenti del centro con la bambola più famosa nella storia, Barbie.
Con altre figure giocattolo – affermano le educatrici – non si erano raggiunti gli stessi risultati con i pazienti della residenza affetti da Alzheimer.
Dopo una rapida ricerca, ho letto che l’anno di uscita e vendita della prima Barbie risale al 1959 e questo mi ha fatto capire perché l’educatrice del centro leccese, Irene Patruno, ha dichiarato: “Questa bambola sembra aver riallacciato le fila tempo”.
E’ chiaro, dunque, che Barbie ha abbracciato la vita e la crescita degli anziani della RSA leccese e non solo, dal momento che mi sento di dire l’esistenza di chiunque nato dopo gli anni 60 dato che questa bambola è impossibile non conoscerla.
Si è notato come questa terapia non farmacologica non solo assottiglia la nube che i disturbi possono creare ma allevia l’ansia, la tristezza, la malinconia perché simula il gioco, l’attenzione, la cura che chiunque di noi ha donato verso qualcosa nel proprio viaggio su questa terra e ciò permette di aggrapparsi all’amore che, forse, è l’unico in grado di far durare il più possibile i momenti di lucidità che le vicissitudini di questo viaggio tendono a far molte volte scomparire.
Voglio però chiudere questo breve accenno con un sorriso, perché tra gli altri benefici è stato dimostrato che la Doll Therapy aumenta anche l’autostima e infatti quando un’educatrice del San Raffaele, mentre si rapportava con un’anziana del centro si è complimentata con la stessa per la sua bellezza, la nonnina ha risposto: “Lo so che sono bella”.
Daniele Piersanti