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ico title sx Scuola in crisi in Abruzzo: calano ancora gli iscritti, persi 10mila studenti in 4 anni ico title dx

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La Cgil denuncia: “Numeri drammatici, effetto combinato di spopolamento e denatalità"

In Abruzzo, il calo degli studenti continua senza sosta. Per l’anno scolastico 2025/26, si stimano 2.607 iscrizioni in meno rispetto all’anno precedente, una tendenza negativa che va avanti da almeno quattro anni e che ha già portato via quasi 10.000 studenti. A lanciare l’allarme è la Flc Cgil Abruzzo e Molise, che sottolinea come questa emorragia stia colpendo in particolare le aree interne della regione.

"Già un anno fa – ricorda il sindacato – avevamo sottolineato che la situazione superava la narrativa cinematografica: mentre un film ambientato in una zona marginale dell’Aquilano accendeva i riflettori sullo spopolamento, speravamo che questa attenzione si trasformasse in azioni concrete. Invece, tutto è rimasto fermo".

I numeri confermano l’emergenza: secondo i dati dell’Ufficio Scolastico Regionale, il calo di iscrizioni influirà direttamente sulla composizione del personale scolastico, causando la perdita di 113 posti in organico di diritto per il prossimo anno (–24 a Chieti, –25 all’Aquila, –34 a Pescara, –30 a Teramo). Una novità in negativo, considerando che in passato si era riusciti a salvaguardare l’organico e ad ampliare l’offerta formativa.

Le iscrizioni complessive per il 2025/26 si attestano a 157.764 alunni e alunne. Chieti registra la flessione più marcata con 994 studenti in meno, seguita da Pescara (–776), L’Aquila (–446) e Teramo (–381).

"Questi dati – osserva ancora la Cgil – riflettono il lento declino delle zone interne, causato da una combinazione pericolosa di denatalità e spopolamento. Ma la scuola è solo il primo settore a risentirne: alla base c’è l’assenza di politiche per il lavoro, per i servizi essenziali come sanità e trasporti, e per lo sviluppo dei territori."

Un ulteriore segnale di fragilità arriva dal crescente numero di posti di sostegno, che secondo il sindacato rappresentano un vero allarme sociale. La maggior parte di questi incarichi, infatti, è ancora precaria: oltre il 50% dei docenti di sostegno in Abruzzo non ha un contratto stabile. Questa condizione mina la continuità didattica, elemento essenziale per garantire un rapporto educativo solido tra insegnante e studente.

"La proposta del ministro Valditara – afferma il sindacato – di lasciare alle famiglie la scelta di confermare l’insegnante precario, anche se non specializzato, non può sostituirsi a una vera politica di stabilizzazione basata su criteri equi e trasparenti".

La Cgil rinnova l’appello alla politica per un cambiamento strutturale: superare il DPR 81 del 2009 e adottare nuovi parametri che riflettano le esigenze dei territori. Servono leggi ad hoc e risorse mirate, invece di disperdere fondi – come è avvenuto con il PNRR – in progetti che hanno finito per gravare ulteriormente sulle scuole senza portare benefici reali ai territori.

"In molte aree dell’Abruzzo – conclude la Cgil – la scuola resta l’ultimo presidio pubblico rimasto. Per questo, non possiamo limitarci a fotografare la realtà: è tempo che la politica guardi avanti e rimuova le barriere sociali ed economiche, come previsto dalla nostra Costituzione. L’autonomia differenziata, la regionalizzazione dell’istruzione e il dimensionamento scolastico rischiano invece di distruggere l’unicità del sistema pubblico e dei diritti. Noi continueremo a opporci a questo declino, in ogni sede".

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