Settore in difficoltà, con un calo del 10,7% dal 2010
Secondo i dati elaborati dal Cresa, il Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, l’Abruzzo chiude il 2023 con 568 agriturismi, pari al 2,2% del totale nazionale. Un dato che colloca la regione al 16° posto in Italia, a pari merito con la Calabria. In testa alla classifica si confermano la Toscana, con 5.797 strutture (22,2%), e il Trentino-Alto Adige, con 3.905 (14,9%), mentre fanalino di coda sono il Molise (0,4%) e la Valle d’Aosta (0,2%).
L’andamento del settore in Abruzzo si distingue per una dinamica negativa nel lungo, medio e breve periodo. Tra il 2010 e il 2023, la regione ha perso 68 agriturismi, registrando un calo del 10,7%, in netto contrasto con il +30,8% della media nazionale. Solo Calabria (-3,8%) e Basilicata (-5,7%) hanno mostrato flessioni, seppur meno marcate.
Anche nel confronto più recente, tra il 2022 e il 2023, la tendenza resta preoccupante: il saldo è negativo per 18 attività, con 11 nuove autorizzazioni a fronte di 29 cessazioni (-3,1%). Un risultato migliore solo rispetto a Liguria (-4,7%) e Valle d’Aosta (-6,7%), mentre a livello nazionale si registra una crescita dell’1,1%.
In termini di distribuzione geografica, il 65% degli agriturismi abruzzesi si trova in collina (rispetto al 53% nazionale), mentre il restante 35% è in montagna (Italia: 31%). Nonostante il numero di strutture sia in linea con la media italiana se rapportato alla popolazione (4,5 attività ogni 10.000 abitanti contro 4,4), la densità rispetto alla superficie è inferiore (5,2 agriturismi ogni 100 km² contro 8,6).
Turismo rurale e offerta agrituristica
Se il settore mostra segni di difficoltà, l’Abruzzo si distingue comunque per un’elevata presenza femminile nella gestione degli agriturismi: il 46,6% delle strutture è guidato da donne, una percentuale ben superiore alla media nazionale del 34,2%, che la colloca al quinto posto dopo Basilicata, Campania, Liguria e Calabria.
Dal punto di vista dei servizi offerti, l’82,9% delle strutture abruzzesi propone alloggio (Italia: 81%) e il 70,4% ristorazione, un dato nettamente superiore alla media nazionale (49,8%). Tuttavia, gli agriturismi locali risultano generalmente più piccoli rispetto a quelli del resto d’Italia: 13 posti letto contro 14 e 35 coperti rispetto ai 41 della media nazionale.
L’Abruzzo offre anche un’ampia gamma di attività complementari, superando la media italiana nel settore sportivo (25,7% contro 12,2%) e nell’equitazione (13,7% contro 5,1%). Meno diffusa, invece, la degustazione di prodotti tipici, proposta da meno di un agriturismo su cinque, contro uno su quattro a livello nazionale.
Flussi turistici e criticità del settore
I dati sul turismo agrituristico confermano una performance inferiore rispetto al resto del Paese. Nel 2023, le strutture ricettive hanno registrato 25.060 arrivi e 78.049 pernottamenti, pari rispettivamente allo 0,6% e allo 0,5% del totale italiano. Rispetto al 2022, si osserva un calo significativo: gli arrivi sono diminuiti dell’11% (Italia: +11%) e le presenze del 3% (Italia: +7%). Anche la durata media dei soggiorni, pur in lieve aumento (da 2,9 a 3,1 giorni), resta al di sotto della media nazionale di 3,7 giorni.
Un’altra criticità riguarda la scarsa attrattività per i turisti stranieri, che nel 2023 hanno rappresentato solo il 19% degli arrivi e il 24% delle presenze, contro il 51% e il 60% della media nazionale. Nonostante un calo su base annua (-16% negli arrivi e -1% nelle presenze), il confronto con il periodo pre-pandemia è positivo: rispetto al 2019, gli arrivi stranieri sono aumentati del 36% (Italia: +29%) e le presenze del 23% (Italia: +22%).
Due nodi irrisolti: la continuità della domanda e la diversificazione dell’offerta
L’analisi evidenzia due problematiche principali. La prima riguarda la difficoltà dell’Abruzzo nel trasformare il boom della domanda registrato durante la pandemia in una crescita strutturale. Durante l’emergenza sanitaria, infatti, gli agriturismi della regione sono stati percepiti come mete sicure, grazie alla possibilità di garantire distanziamento e attività all’aria aperta. Tuttavia, questa opportunità non è stata capitalizzata nel lungo periodo.
La seconda criticità è la limitata diversificazione dell’offerta turistica. L’Abruzzo resta legato principalmente all’alloggio e alla ristorazione, senza sfruttare appieno il potenziale di esperienze complementari sempre più richieste dai visitatori. Un limite che incide sulla durata media dei soggiorni e sulla capacità di fidelizzare i turisti.
Per rilanciare il settore, sarà fondamentale investire su strategie di promozione più mirate e su una maggiore varietà di servizi, puntando su esperienze immersive legate alla natura, alla cultura e alla gastronomia locale.