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ico title sx Le mani di mio padre, il bronzo e la memoria: il bastaio di Sante Marie, un’eredità senza tempo ico title dx

Attualità
Cronaca

Giulio Gino Di Giacomo racconta il suo papà Domenico, jo mmastaro, e quell'arte che dovrebbe tramandarsi

Ci arriva da Giulio Gino Di Giacomo una profonda lettera che racconta del suo papà Domenico Di Giacomo, jo mmastaro come si dice in dialetto abruzzese. Racconta del bastaio di Sante Marie a L'Aquila, di quell'arte tramandata per tre generazioni e che rischia di scomparire ma che conserva la forza del ricordo e della nostalgia.

La lettera.

"Provare a rileggere la storia e vedere e apprezzare i paesi anche attraverso i piccoli segni e le umili memorie lasciate dalla cultura materiale e artigianale 

Un piccolo, piccolissimo "sassolino" lanciato a tutti coloro che hanno sensibilità tale da apprezzare le emozioni e le riflessioni che possono scaturire dalla visione dei mestieri antichi. 

... dicono che infilando il dito in quei buchi degli arcioni "dejo mmasto", fatti a mano, con sudore e fatica sul duro legno prima dell'arrivo del trapano elettrico porti fortuna, porti fortuna solo "se si sente, si avverte e si percepisce" la fatica di tutto il nostro mondo passato.
 
La mia iniziativa, che ho portato avanti un pò di tempo fa nel mio paese di Sante Marie, in Abruzzo, la considero, con umiltà, foriera e portatrice di alcuni valori e riflessioni, come ad esempio: tentare di immortalare, di cristallizzare e di fotografare, di porre all'attenzione "jo mmastaro" , detto così in dialetto abruzzese, un lavoro artigianale di tre generazioni terminato con mio padre per "lasciarlo in ricordo e in dote" alle generazioni future con l'augurio che possa accendere e risvegliare ricordi ed emozioni e, quindi, provare a narrare e celebrare un'angolino di vita vissuta di una volta e, purtroppo, dimenticata con l'auspicio di lasciare piccole e umili tracce positive. Una cosa è certa comunque vada, è quella di essere contento,orgoglioso e soddisfatto di poter far vedere agli occhi dei "viandanti" di oggi e di domani "jo masto", il significativo monumento in bronzo che rimarrà lì, in bella vista, a Sante Marie a testimoniare un lavoro e un'epoca che non c'è più che potrà trasformarsi magicamente, agli occhi delle persone sensibili, in una sorta di finestra da dove osservare le fatiche immense fatte prima della modernità, un piccolo ponte tra passato e futuro. Si, dicono che infilando il dito in quei buchi degli arcioni "dejo mmasto", fatti con sudore e fatica sul duro legno, porti fortuna, porti fortuna solo se "si sente e si percepisce" la fatica di tutto il nostro mondo passato. 

A mio padre Di Giacomo Domenico, bastaio in Sante Marie da tre generazioni : i suoi "basti" arrivavano fino in Svizzera, in Francia, in Austria, in Friuli, in Piemonte, in Veneto, in Toscana, in Calabria, ecc.. ( non perchè mio padre aveva una visione di commercio oltre regione e internazionale, ma perchè in questi posti erano andati a vivere i mulattieri di Cappadocia e paesi abruzzesi limitrofi). 
"Basti" fatti su misura, secondo la grandezza del mulo o dell'asino, creati con amore e passione. Gli stessi che sono ancora usati oggi dai pochi mulattieri rimasti. "Basti" creati senza risparmiare nulla, perchè potessero durare nel tempo e potessero tutelare al massimo la salute dell'animale tant'è che mi è difficile trovarne oggi qualcuno per ricordo personale... un particolare ricordo di mio padre (in giro c'è dell'altro!) ... proprio perchè sono ancora usati da qualche mulattiere. La sella è per i cavalli, il "basto" è per il mulo e l'asino; la sella può essere anche fatta in serie, "il basto" no, va fatto su misura poichè l'animale deve "sentirsi fasciato" affinchè il peso portato per ore non dia fastidio e non rechi danno. I basti di una volta erano fatti con materiale d'eccellenza : gli "arcioni" (due per ogni basto) di legno ricurvo in maniera naturale, li sceglieva lui personalmente, scartando quelli poco affidabili ; particolari e personalissime scelte erano fatte sulla "tela", sulla "paglia", sulle tavole ( due per ogni basto ), rigorosamente tutte di un pezzo, che piegava lui personalmente con il fuoco e bagnandole con l'acqua e per lo spago. Ulteriori e rigorose selezioni erano riservate per "il pelo animale" che faceva arrivare, in grosse balle, da Genova e che riusciva, con grande sudore, a rendere soffice e vellutato, liberandolo da impurità e residui con una speciale e originale macchina con rulli a mano (peccato questa sia andata persa!!!). Stesso discorso di accurata selezione per "i capperoni", grossi tubi antincendio in disuso di prima qualità che tagliava e riscaldava al sole o al tubo della stufa perchè risultassero più morbidi; li prendeva a "Claudio di Celano". Portava la stessa attenzione nella scelta di un particolare pellame nero e, addirittura, per i più umili chiodi ... sì, anche questi avevano per lui una grande importanza. Le "misure" venivano prese dal mulo e dall'asino stesso, presso la sua bottega o inviate per posta dai mulattieri più lontani. Ciò che usciva fuori dall'artigianale e magico assemblaggio manuale, dopo aver usato faticosamente l'ascia, dopo aver faticosamente fatto i buchi sul duro legno "a mano" ( il trapano elettrico è stato inventato dopo e, quindi, adoperato solo negli ultimi anni ) e usato grossi aghi ... ciò che usciva fuori, quindi, era il suo "mmasto", che veniva alla fine quasi accarezzato dalle sue grosse mani, callose e indurite. Il suo "mmasto" era un mix di profumi, magici odori di sudore, di legno, di spago, di paglia, di tela, di capperoni, di pelo animale e di pelle ... sembrava che anche gli stessi chiodi profumassero . Per i mulattieri, Domenico Jo Mastaro era affidabile, perchè i suoi basti non si rompevano mai, sembravano fatti con l'acciaio. Ha fatto scuola, ha insegnato a molti. Per sei mesi a Sante Marie e per sei mesi a Cappadocia, si, per sei mesi si trasferiva a Cappadocia, paese di mulattieri. A distanza di anni, emblema del mondo che cambia, d'estate la piazza di Cappadocia diventava gialla, si riempieva di taxi gialli perchè molti mulattieri avevano venduto i loro muli e acquistato licenze di taxi a Roma. A ricordo dei tempi andati nella piazza di Cappadocia c'è oggi una statua in bronzo del mulo con "jo mmasto" e legna e a Sante Marie c'è una statua in bronzo del basto ( mmasto" ). Ringrazio mio padre, cui dedico queste due righe, per gli insegnamenti che mi ha dato anche con i suoi sguardi e con i suoi silenzi. Mi ha lasciato magici ricordi di profumi che non sento più.
 
Chissà se qualche giovane di oggi possa "riconoscersi" lo stesso in queste piccole emozioni?

 

Giulio Gino Di Giacomo

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