ll Dossier Immigrazione evidenzia l'importanza dei lavoratori stranieri per l’economia regionale
Sono quasi 86mila gli immigrati che vivono in Abruzzo, 33mila che hanno acquisito la cittadinanza negli ultimi anni, redistribuiti equamente tra le 4 province. Di questi, 5.690 sono dipendenti agricoli. La prima comunità è quella rumena, con 21.537 immigrati, seguita da Albania, Marocco, Ucraina e Cina: “Senza lavoratori stranieri avremmo scaffali vuoti ovunque, bisogna innalzare la catena del valore per migliorare salari e tutele”.
Questo il messaggio lanciato nel corso della presentazione della 34esima edizione del Dossier Statistico Immigrazione – realizzata dal Centro Studi e Ricerche Idos in collaborazione con il Centro Studi Confronti e l’Istituto di Studi Politici S. Pio V – che si è tenuta ieri ad Avezzano (L’Aquila) nella sala Conferenze del Comune. Ad accogliere l’iniziativa è stato il sindaco Giovanni Di Pangrazio, che nel suo saluto ha sottolineato: “Non servono allarmi ma politiche di inclusione: se guardiamo ai tanti minori figli di immigrati che frequentano da anni le nostre scuole vediamo una coesione che già c’è, e che deve essere da esempio”.
Dello stesso avviso l’assessore regionale alla Formazione professionale e al Sociale Roberto Santangelo: “In questi anni abbiamo realizzato varie iniziative virtuose come il progetto ‘Integra’, e si sono rivelate utili a chi vive i territori per progettare al meglio i processi di integrazione. Abbiamo quasi 120mila immigrati, il 10% ha una partita iva, segno che le seconde generazioni cominciano ad avere un certo dinamismo anche nel tessuto imprenditoriale: non esiste dunque un allarme immigrazione, ma un fenomeno che va governato senza pregiudizi ideologici e senza lasciare indietro nessuno”.
Franco Pescara, segretario generale della Fai-Cisl Abruzzo Molise, ha evidenziato: “Nel costruire accoglienza e inclusione il nostro sindacato c’è e ci sarà sempre, e non faremo mai mancare il nostro contributo contro il fenomeno caporalato, che purtroppo è presente in più territori sotto varie forme come l’intermediazione illecita, lo sfruttamento da parte di cooperative senza terra”.
“Però rimaniamo un Paese che fatica ad aprirsi – ha spiegato Antonio Ricci, vicepresidente di Idos – perché per molti stranieri risulta difficoltoso l’accesso ai servizi, basta pensare che in regione su 5.690 dipendenti agricoli stranieri sono solo 316 le pratiche di disoccupazione agricola lavorate in un anno”. Sono intervenuti all’iniziativa anche Gino Milano, del CSV Abruzzo, Gianni Notaro, segretario generale della Cisl Abruzzo Molise, Cassandra Koch Dandolo, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, e Lidia Di Pietro, del servizio Migrantes.
I lavoratori stranieri, è emerso dal Dossier, sono il 36% del totale degli occupati: “Parliamo di persone essenziali, visto che senza il loro contributo avremmo scaffali vuoti ovunque”, ha detto Onofrio Rota, segretario generale della Fai-Cisl nazionale, concludendo l’iniziativa.
“Gli operai agricoli immigrati – ha ricordato il sindacalista – sono oltre 360mila su 1 milione, e le nostre proiezioni prevedono quota 500mila entro il 2030, mentre qui in Abruzzo rappresentano il 22,1%. Ma il settore fatica a trovare manodopera a causa dei bassi salari, delle condizioni difficili di lavoro, della mancanza di incentivi per i giovani e di tutele. È dunque doveroso lavorare insieme, sindacati, imprese, istituzioni, per innalzare la catena del valore del Made in Italy agroalimentare. Per questo, incontrando i ministri Lollobrigida e Calderone, abbiamo chiesto e ottenuto l’impegno anche a implementare le ispezioni e le banche dati di Ispettorato, Inps e Forze dell’Ordine”.
“Poi naturalmente oltre alle strategie repressive contro lo sfruttamento – ha aggiunto il leader della Federazione agroalimentare cislina – ci sono tante buone pratiche di lavoro ben contrattualizzato, di formazione linguistica e delle competenze, nonché di prevenzione anche in materia di salute e sicurezza, e la fotografia scattata dal Dossier statistico serve per far luce anche su questi aspetti positivi, da replicare sui territori per tutelare meglio non solo le lavoratrici e i lavoratori ma anche le imprese più virtuose, che subiscono dumping da chi produce con lavoro nero e grigio”.