La Regione spicca per i minimi livelli di PFAS
L’Abruzzo da anni affronta sfide complesse legate alla gestione delle risorse idriche. Gli acquedotti obsoleti causano dispersioni d’acqua significative, mentre le preziose falde del Gran Sasso, che riforniscono circa 700mila persone, sono minacciate da potenziali incidenti nel traforo autostradale della A24 e nei vicini Laboratori di Fisica Nucleare. L’opera di messa in sicurezza, affidata al commissario Pierluigi Caputi, è stata più volte rinviata e potrebbe partire solo a fine anno. Nel frattempo, si lavora a un progetto da 19 milioni di euro per potabilizzare l’acqua del lago di Campotosto e garantire l’approvvigionamento idrico durante i lavori.
Nonostante queste difficoltà, una buona notizia arriva dalla prima mappa realizzata da Greenpeace Italia sulla contaminazione da PFAS, sostanze chimiche utilizzate in molti processi industriali e associate a gravi rischi per la salute. L’Abruzzo emerge come la regione con l’acqua potabile meno contaminata in Italia. Su 8 campioni prelevati in diverse località regionali, solo 3 sono risultati positivi a livelli molto bassi di PFAS, ben al di sotto dei limiti di legge fissati a 100 nanogrammi per litro. A L’Aquila, Pescara, Chieti e Vasto, i livelli sono pari a zero, mentre nelle aree di Montesilvano, Teramo e Roseto degli Abruzzi i valori si attestano sotto i 10 nanogrammi per litro.
Greenpeace sottolinea però come diversi Paesi europei e non, tra cui Danimarca, Germania e Stati Uniti, abbiano adottato limiti molto più restrittivi, a tutela della salute pubblica. In Italia, invece, non si sono fatti passi significativi per ridurre ulteriormente i limiti o vietare l’uso di queste sostanze a livello comunitario. Il quadro generale, secondo l’associazione ambientalista, rimane allarmante: milioni di persone nel Paese sono esposte a sostanze chimiche pericolose attraverso l’acqua potabile. Tuttavia, il primato dell’Abruzzo rappresenta una rara eccezione in un panorama nazionale ancora troppo lento nell’affrontare il problema.