Proposte per abbattere le recinzioni e aprire il Parco Ex Caserma di Cocco
Pescara. Alla presentazione del Masterplan per l’ampliamento del Campus dell’Università “Gabriele d’Annunzio” e dei risultati della Summer School 2024, Giancarlo Odoardi riflette su proposte innovative per il Parco Ex Caserma di Cocco. Tra le idee: abbattere le recinzioni, ampliare l’accesso cittadino agli spazi verdi e ripensare la mobilità urbana attraverso soluzioni sostenibili e permeabili, in linea con gli obiettivi di Agenda 2030.
La nota completa di Odoardi:
Ho partecipato, nella giornata di lunedì 2 dicembre all’ex Aurum, alla presentazione del Masterplan di ampliamento del Campus dell’Università “Gabriele d’Annunzio” e dei risultati della Summer School 2024 del Dipartimento di Architettura, uscendo abbastanza rincuorato e fiducioso dall’incontro, ma con quella punta di amaro che segna il risveglio da un bel sogno, perché tale potrebbe anche essere.
Durante le presentazioni del mattino, alcuni elementi progettuali avevano già richiamato il mio interesse, poi ulteriormente ripresi negli incontri del pomeriggio, quando a confrontarsi sono state le rappresentanze della società civile e del mondo dell’associazionismo, impegnate prima nella fase di analisi delle tavole progettuali e poi, tutti intorno al grande plastico riassuntivo, a scambiarsi pareri e opinioni e a fare proposte.
Due, in particolare, le proposte che hanno attirato la mia attenzione, pur relative all’area del Parco Ex Caserma di Cocco che solo apparentemente risulta marginale rispetto a quella di più stretta pertinenza del progetto “Cittadella degli studi“: la demolizione dell’attuale recinzione del parco stesso, per renderlo libero dai vincoli temporali di accesso e soprattutto visibile alla cittadinanza da ogni lato, e non solo dalle porte di ingresso, e quindi, in parte conseguente, l’idea di includere nel perimetro dello spazio verde l’area antistante la chiesa di San Luigi, adiacente l’Istituto Comprensivo 7, tratto terminale di Via Tibullo.
Ho trovato questa sorta di ribaltamento immaginario di un lembo di parco su un’area esterna allo stesso, oltre il muro di cinta, emblematico, intercettando al contempo un mio doppio convincimento: che si debba smettere di recintare le aree verdi e che si debba quindi cominciare a portare parti di queste dentro la città, e non viceversa.
Non ho mai capito perché gli “spazi aperti verdi” debbano essere recintati, anche se nell’accezione comune so che esiste il convincimento del rischio dell’abbandono (come farebbe la Natura senza la nostra manutenzione?) e soprattutto di una pericolosa e inevitabile occasione di deriva sociale (gli anfratti e l’incognita del buio, ritenuti di gran lunga più rischiosi del quotidiano rischio stradale!). Credo invece debba prevalere il coraggio di aprirli alla cittadinanza nella loro intera estensione percettiva, anche perché è una delle ragioni per cui si esce dalle città: la ricerca dell’orizzonte naturale, senza ostacoli.
Allo stesso modo credo si debba smettere di continuare a implementare le aree verdi con ciò che riteniamo necessario per poterne fruire, invertendo il flusso, portando cioè le loro funzioni, in primis i servizi eco-sistemici di cui abbiamo tanto bisogno, fuori dei loro recinti, invadendo in modo pervasivo la città, a cominciare dagli slarghi, dalle piazze e dalle vie adiacenti.
Alcuni esempi: da Piazza San Luigi, davanti la chiesa e la scuola, perché non proseguire lungo tutta via Tibullo e poi via Mazzarino, realizzando una “rambla” pescarese fino a Piazza Salvo d’Acquisto? Perché non portare l’ingresso lato mare al Parco Ex Caserma Di Cocco fino a via Marconi, trasformando in viale alberato via Tommaso da Celano? Perché non sostituire il parcheggio di Piazza Ovidio, davanti l’ex Caserma, con un grande "gate" di collegamento tra la città e la cittadella?
Sono tutte suggestioni di cui a mio avviso si trovano sponde anche in altri elementi progettuali proposti, alcuni basati su soluzioni naturali (Nature Based Solutions – Nbs), dal depaving di molte superfici impermeabilizzate ai circuiti di raccolta delle acque, con la creazione di rain garden, per il riuso in loco, nonchè l’adozione di materiali drenanti, su strade e piste ciclabili.
Anche altre proposte progettuali, relative all’edificato, ripropongono il senso della permeabilità e del libero passaggio, in contrasto con la logica delle recinzioni, della chiusura, della riservatezza e della delimitazione esclusiva, come previsto nel piano terra della sede della Scuola Politecnica, di libero attraversamento.
Molto convincente, a mio avviso, la localizzazione della fermata ferroviaria Università di Pescara, in grado di intercettare più favorevolmente i flussi di collegamento tra sud e ovest, oggi ripartiti tra le fermate Tribunale e San Marco, comunque utili negli scenari di metropolitana di superficie.
Un’analisi alla luce degli SDGs (Sustainable Development Goals) di Agenda 2030, forte elemento di richiamo promosso dall’Amministrazione comunale in occasione dell’ultimo G7, darebbe al masterplan una ulteriore chiave di lettura circa il rapporto di interferenza del Piano con l’intera città, e una occasione di possibile innamoramento tra la cittadinanza e la proposta progettuale.
Giancarlo Odoardi Esperto Promotore Mobilità Ciclistica (EPMC)