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ico title sx Assolto Camillo D'Angelo da esercizio abusivo della professione: il fatto non costituisce reato ico title dx

Attualità
Cronaca

Si chiude oggi il processo in primo grado a carico del presidente della provincia e sindaco di Valle Castellana

Il processo in primo grado per esercizio abusivo della professione a carico di Camillo D'Angelo, attuale presidente della provincia di Teramo e sindaco di Valle Castellana, iniziato ad aprile dello scorso anno, è giunto a termine. Si è tenuta oggi la discussione finale che ha visto attori il pm nella sua arringa conclusiva e la difesa. Nella lettura della sentenza il giudice Carla Fazzini ha assolto l'imputato perché il fatto non costituisce reato. Il pm aveva chiesto 1 anno di reclusione e 11 mila euro di sanzione. 

Camillo D'Angelo era stato imputato ex art 348 cp per esercizio abusivo della professione. Nonostante il titolo di ingegnere dell'informazione, aveva ricoperto il ruolo di progettista e direttore dei lavori per la realizzazione di un'opera edile, incarichi tipicamente spettanti agli ingegneri civili. Era stata questa circostanza a convincere D.R., suo cliente, a denunciarlo a seguito della mancata conclusione dell'opera, fatto da cui era scaturita la scoperta dell'iscrizione di Camillo D'Angelo all'albo degli ingegneri, settore dell'informazione e non civile ambientale.

Nell'arringa finale il pm Monia Di Marco ha ricostruito l'accusa attorno a vari elementi tra cui il Dpr 328 del 2001 che ha introdotto la differenziazione tra gli ingegneri (sezioni A, B e C), i documenti del progetto firmati da D'Angelo, le mancate risposte dell'Ordine degli Ingegneri al denunciante circa la posizione dell'imputato, senza dimenticare la circostanza che la moglie dello stesso ha fatto parte dello stesso Consiglio dell'Ordine per due consiliature fino al 2021, gli anni in cui D.R. chiedeva spiegazioni. 

Da canto suo l'avvocato Gennaro Lettieri, che ha difeso D'Angelo insieme all'avvocato Luca Scarpantoni, si è basato invece sull'assenza all'interno del fascicolo di tutti i documenti fondanti dell'accusa, sull'assenza dell'elemento soggettivo e sulla prescrizione che si sarebbe ormai consolidata stante i 7 anni e mezzo trascorsi. 

Valutate le conclusioni il giudice si è espresso così con la sentenza di assoluzione perchè il fatto non costituisce reato. Si attendono ora le motivazioni, non si esclude che la procura possa impugnare la pronuncia in appello.

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