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ico title sx Sul caso di Mara, malata di SLA, che non riesce ad accedere da sola al centro medico, risponde il direttore della struttura ico title dx

«Si dà la colpa alle strutture minori ma per la normativa sulla sicurezza non posso far uscire fuori il personale»

Se è vero che c’è chi soffre di malattie degenerative e talvolta deve sottostare al rispetto pedissequo di normative che tutelano diritti altrui ma non i propri, è anche vero che ci sono strutture che nell’applicazione di tali normative vengono poi lasciate sole sul campo di battaglia da parte degli enti pubblici. Ripercorriamo la storia di Mara Rapagnà di cui ci siamo già occupati, una donna affetta da SLA, la malattia degenerativa che le impedisce di camminare e di conseguenza di muoversi autonomamente. Mara da svariati mesi si reca con il suo triciclo, a fare fisioterapia presso un centro di Roseto degli Abruzzi che l’ha sempre aiutata, garantendo la presenza di personale con una carrozzina, pronto a prenderla appena parcheggia il mezzo sotto la struttura. Da qualche giorno tuttavia Mara ha ricevuto la notizia di non poter più usufruire dell’aiuto offerto dal personale al di fuori della struttura, per salire le scale, poiché tale operazione contrasta con la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Cosa è cambiato da cinque mesi a questa parte per far sì che prima fosse consentito per il personale recarsi a prendere Mara con la carrozzina e ora non più? «L’unica cosa cambiata è il mio insediamento in questo centro, appunto, sei mesi fa, a partire da ottobre 2022. - ha spiegato il direttore del centro sanitario - In questi mesi ho visto che c’era la pratica diffusa di uscire dalla struttura per prendere i pazienti nel parcheggio ma è un’usanza in contrasto con la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Nel caso in cui dovesse accadere qualcosa al personale che io autorizzo a uscire, o al paziente che potrebbe anche subire le conseguenze di una manovra sbagliata, visto che sono in strada e non nella struttura e non possono usufruire di tutte le attrezzature idonee, sarei io a risponderne per aver permesso questa operazione». Il problema poi sottolineato dal direttore è che in seguito all’applicazione quotidiana delle normative, come è giusto che sia, si generano però in maniera consequenziale situazioni che addossano ogni responsabilità alla struttura in sé, «quando un aiuto dovrebbe essere garantito invece dagli enti sanitari pubblici, dagli assistenti sociali, e invece si bersaglia la struttura minore che è più semplice da additare. Mai c’è stata l’intenzione da parte del centro di abbandonare i nostri pazienti che anzi godono del massimo dell’attenzione e del rispetto della dignità umana. Io mi preoccupo semplicemente di garantire il rispetto di una normativa per tutelare pazienti e dipendenti. La struttura sanitaria a livello pubblico dovrebbe essere in grado di sopperire ai bisogni e alle necessità di chi presenta difficoltà come nel caso di Mara». Il direttore, in qualità di preposto, si è offerto di prendere Mara con la carrozzina in prossimità del parcheggio ma il problema torna a sussistere nei giorni in cui è assente dalla struttura. Problema che al momento vede come soluzione imminente solo quella, per Mara, di assumere autonomamente una persona che l’accompagni su per quelle scale. Altri pazienti del centro, che presentano difficoltà simili alle sue hanno ricevuto aiuto da alcune associazioni, come ad esempio la AISM, che li accompagna presso la struttura per svolgere le terapie. L’aiuto concreto tuttavia deve necessariamente partire dalle istituzioni.

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