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ico title sx Cocullo e la festa dei serpari: il rito antichissimo che attira migliaia di turisti ogni 1 maggio ico title dx

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Durante la processione la statua di San Domenico viene ricoperta di serpenti

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Che cosa abbiamo visto a Cocullo durante la celebrazione del Santo Patrone, Domenico abate?
Tanto senso di appartenenza; famiglie che si riuniscono; un sindaco che si commuove e che ricorda la nostra presenza anche nell'anno della chiusura per il covid; la tradizione che si rigenera di padre in figlio, di nonno in nipote; una vita da serpari che diventa metodo e competizione.
Coccullo e le serpi non è solo culto, fede, storia ma soprattutto diviene accoglienza, quel filo che non si spezza e che si cuce intorno la comunità.
Cocullo è un piccolo miracolo di comunicazione, di pensieri, di intelligenza e di religione.
Cocullo attira i buoni auspici e rifugge la malasorte. Cocullo diventa luce e affronta le tenebre sentendo le piccole serpi senza aver bisogno di vedere il sibilo sotto le foglie secche.
Cocullo è l'Abruzzo, l'Italia, l'Europa e quei vessilli rappresentano il nostro vero senso del territorio.

Piccola storia. 

Questa usanza sarebbe legata ai riti pagani dei Marsi, antico popolo italico. In epoca contemporanea viene celebrata in onore di San Domenico che è ritenuto protettore dal mal di denti, dai morsi di rettili e dalla rabbia. San Domenico era un monaco benedettino di Foligno che attraversò il Lazio e l'Abruzzo fondando monasteri ed eremitaggi. A Cocullo si fermò per sette anni, lasciando un suo dente e un ferro di cavallo della sua mula, divenute delle reliquie. Per questo la mattina della ricorrenza, nella chiesa a lui dedicata, i fedeli tirano con i denti una catenella per mantenere i denti stessi in buona salute e poi si mettono in fila per raccogliere la terra benedetta che si trova nella grotta dietro la nicchia del santo. La terra sarà poi tenuta in casa come protezione dagli influssi malefici, sparsa nei campi per allontanare gli animali nocivi oppure sciolta nell'acqua e bevuta per combattere la febbre. Per alcuni storici questa festa è da correlare ai culti della dea Angizia, principalmente venerata presso gli antichi Marsi. Per altri studiosi invece, la si deve attribuire alla mitologia di Eracle. Infatti nella frazione di Casale sono stati rinvenuti dei bronzetti votivi raffigurante proprio Eracle che, come si sa, strangolò nella culla i due serpenti mandati da Era per ucciderlo. Il rito è riconducibile ai culti della dea Angizia, venerata soprattutto dai Marsi e dai Peligni, antiche popolazioni italiche. Nell'Eneide è presente la figura di Umbrone, giovane serparo marso: alleato di Turno nella guerra contro Enea, sarà ucciso dal capo troiano in persona. Le origini del culto attuale sarebbero invece da far risalire, probabilmente, alla seconda metà del secolo XVI (fonteWIKIPEDIA)

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